La domanda che ci si pone sempre più spesso nel mondo del lavoro in questo tempo di pandemia è: qual è il rapporto della vaccinazione contro il Covid-19 con il rapporto di lavoro? A cosa ci si riferisce quando si parla di vaccinazione in azienda? Il rifiuto di sottoporsi al vaccino contro il Covid-19 ha delle conseguenze nel rapporto di lavoro? Proviamo a dare delle risposte.
Il lavoratore ha l’obbligo di sottoporsi al vaccino per il Covid-19?
No: per il cittadino lavoratore non sanitario non c’è alcun obbligo di vaccinarsi contro il Covid-19. Questo è specificato all’articolo 32, comma 2, della Costituzione il quale stabilisce che solo la legge può imporre un trattamento sanitario. La vaccinazione è quindi una scelta volontaria.
L’obbligo di sottoporsi a vaccinazione anti Covid-19, però, vale per gli operatori sanitari, secondo quanto stabilito dall’articolo 4 del Decreto Legge n.44 del 1° Aprile 2021. L’obbligo per questi operatori vale fino all’attuazione completa del piano vaccinale e comunque non oltre il 31 dicembre 2021.
Il rifiuto del vaccino contro il Covid-19 da parte del lavoratore può avere delle conseguenze all’interno del rapporto di lavoro?
Si: in caso di rifiuto del vaccino contro il Covid-19 il datore di lavoro può:
- spostare il lavoratore a mansioni diverse, anche se queste sono di un livello inferiore; in questo caso la retribuzione non può comunque essere ridotta rispetto a quella prevista per le mansioni precedenti;
- rifiutare la prestazione del lavoratore che decide di non vaccinarsi, se non ci sono delle mansioni equivalenti o inferiori a cui può essere spostato. In questo caso il lavoratore potrà quindi essere sospeso e non ricevere la retribuzione.
NON si può licenziare il lavoratore in caso di rifiuto del vaccino!
Cosa succede se il lavoratore rifiuta il vaccino contro il Covid-19 e si contagia sul luogo di lavoro?
L’INAIL con istruzione operativa del 1° Marzo stabilisce che la tutela per l’infortunio sul lavoro opera comunque anche per il dipendente che ha rifiutato il vaccino contro il Covid-19.
Che cos’è la vaccinazione in azienda?
La vaccinazione in azienda è prevista dai protocolli condivisi del 6 Aprile 2021.
Questo significa che i datori di lavoro possono rendersi disponibili per la predisposizione di punti straordinari di vaccinazione nella propria azienda, anche attraverso il supporto o il coordinamento delle Associazioni di categoria di riferimento.
I lavoratori o lavoratrici interessati devono fare richiesta di vaccinazione contro il Covid-19 in modo volontario. Anche gli stessi datori di lavoro o titolari possono sottoporsi al vaccino.
All’atto della presentazione dei piani aziendali il datore di lavoro deve specificare il numero esatto dei vaccini richiesti.
Come viene trattato il tempo di lavoro utilizzato per la vaccinazione?
Se la vaccinazione viene eseguita in orario di lavoro, il tempo necessario è da equiparare al normale svolgimento dell’attività. I dipendenti riceveranno quindi la retribuzione e le eventuali ore di lavoro graveranno sul datore di lavoro. Non verranno utilizzati ferie o permessi se la somministrazione del vaccino è effettuata in orario di lavoro.
Cosa può fare il datore di lavoro per dimostrare che ha fatto il possibile per evitare il contagio in azienda?
Il datore deve dimostrare di aver applicato il protocollo e averlo reso concretamente operativo in azienda. Inoltre, anche se non c’è l’obbligo di aggiornare il documento di valutazione dei rischi, la valutazione del rischio dovrebbe comunque essere sempre fatta.
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